Me, myself and I
Il cervello e la finzione dell'io

Paradossalmente, mentre tutti noi ci sentiamo come un'unica entità unita, prove considerevoli suggeriscono che il cervello non funziona in modo olistico. In realtà, la nostra coscienza indivisa è prodotta da migliaia di unità di elaborazione relativamente indipendenti o, detto altrimenti, moduli. I moduli sono reti specializzate, e spesso localizzate, di neuroni che svolgono una funzione specifica.
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Il danno o la disfunzione nella regione cerebrale X causa un cambiamento nel comportamento Y, ma la coscienza rimane quasi sempre intatta. Il cervello modulare rende la coscienza resiliente a causa della pletora di possibili percorsi che possono portare a un momento cosciente. Solo un cervello organizzato in questo modo può spiegare questi fatti neurologici. La perdita di moduli causa la perdita di specifiche funzionalità, ma la mente continua a produrre un flusso continuo di coscienza come se nulla fosse cambiato. L'unica cosa che è cambiata è il contenuto di quel flusso. Questo non solo fornisce la prova che il cervello funziona in modo modulare, ma suggerisce anche che moduli indipendenti possono produrre ciascuno una forma unica di coscienza.
(tratto da The Consciousness Instinct: Unraveling the Mystery of How the Brain Makes the Mind di Michael S. Gazzaniga; traduzione mia)
Il mio cervello riceve molte informazioni e decide quali considerare parte di me e quali no, e quali, ad esempio il pianto di un figlio, si collocano a metà strada. E do per scontato che queste decisioni siano in linea con una profonda verità metafisica su cosa sia l'io e cosa sia l'altro. Ma in realtà il mio cervello avrebbe potuto essere cablato in modo diverso, in modo da interpretare queste informazioni in modo diverso, lasciandomi con un senso molto diverso della distinzione tra io e altro.
(tratto da Why Buddhism is True: The Science and Philosophy of Meditation and Enlightenment di Robert Wright; traduzione mia)
Il concetto di io è sempre più traballante: più le neuroscienze studiano il cervello, più ci si pongono domande se in effetti il concetto stesso di identità non sia che un’illusione. Probabilmente la percezione che abbiamo di noi stessi è veramente solo un’illusione; si potrebbe dire che è una buffa convergenza con il buddhismo con i suoi cinque aggregati. L’io unitario è un bluff creata dai geni egoisti per far andare avanti la baracca, per la continuità. Il cervello è fatto a moduli e, per usare una metafora di Gazzaniga, la coscienza non è altro che il flusso costante di bolle dei diversi moduli del cervello che emergono in superficie. Questo flusso costante di bolle ci dà l’illusione che il funzionamento del cervello sia centralizzato e che ci sia un io. La verità, sconvolgente, invece è che non è così; il concetto di unitarietà traballa.
Leggendo il libro di Gazzaniga è innegabile che la mia prima reazione sia stata quella di shock. Praticamente tutte le basi intellettuali che tengono in piedi la concezione che abbiamo di noi stessi crollano; è davvero un cambio di prospettiva difficile da metabolizzare, almeno all'inizio. Lasciando sedimentare il cambiamento di visione del sé, infatti, per me il fatto che l’io sia un’illusione è liberatorio: mi aiuta a ricordare di mettere le cose in prospettiva, a dare una giusta distanza quando capitano momenti pieni di ego, a meditare in modo più rilassato. Che artificio meraviglioso ha trovato l’evoluzione per ingannarci! È sbalorditivo pensare come tutta la nostra vita, le nostre interazioni e il nostro senso dello stare al mondo siano basati su un’illusione creata dai moduli del cervello.
A livello pratico comunque non cambia niente: noi nella finitezza del nostro corpo siamo un’unità individuale ben distinta da altre unità. Che il nostro io sia illusione o realtà, non cambia la percezione di noi e del mondo che ci circonda: siamo dentro il sistema chiamato realtà. Una volta digerito il concetto che l’io è un bluff, possiamo tranquillamente tornare a parlare di io; magari tenendo sempre a mente che si tratta di un artificio stilistico. Nel retro del mio pensiero io so: io non c’è.