Quanta saggezza

Contrariamente a quello che molti occidentali pensano, il Giappone non è un paese dalla civiltà antica; infatti per esempio la scrittura è arrivata nell’arcipelago solo nel V secolo (d.C., non a.C.). Certo, la cultura giapponese antica e moderna è fantastica, ricchissima e variegatissima, ma non è così antica e non è così misteriosa.

Il Giappone è anche famoso per la saggezza dei suoi modi di dire, quelle frasette motivazionali che trovate su Instagram e che spesso sono giapponesi come me e di una banalità inarrivabile. Siamo nella seconda metà del 2024 ma l’esotismo va ancora forte. La triste verità è che i giapponesi sono mediamente saggi come noi e non hanno nessuna innata predisposizione alla filosofia.

Il Giappone, se vogliamo dirla tutta, è invece pieno di proverbi orribili, con un significato che io personalmente trovo agghiacciante e che sono però ben ingranati nella società giapponese. Ne voglio proporre due, che secondo me contribuiscono a deteriorare in modo considerevole la vita dei giapponesi.

Il primo è お客様は神様です (okyakusama wa kamisama desu), ossia “l’illustrissimo cliente è una divinità”. Noi ne abbiamo uno simile, cioè il cliente ha sempre ragione, ma diciamoci la verità, dai: non ci crede nessuno. Da noi in Europa il cliente è una persona da rispettare perché ti paga la pagnotta ma siamo tutti allo stesso livello. Umiliarsi per il cliente è una cosa vista negativamente dalla società. In Giappone invece il cliente è una divinità. Questo implica che venga trattato come una divinità, ossia con deferenza mista a timore. In Europa se vogliamo fare un buon lavoro con un cliente cerchiamo in qualche modo di entrare in connessione con lui, di essere in qualche modo amico del cliente, il cliente deve percepire che può fidarsi di noi, che siamo come amici. In Giappone il cliente è una divinità, non un tuo amico. Questo diverso atteggiamento giapponese implica frasi molto ossequiose, molto ritualistiche e un atteggiamento generale di totale sottomissione alla volontà del cliente, ovviamente generalizzando. C’è chi preferisce la finta amicizia occidentale, chi l’eccessiva deferenza giapponese; io personalmente preferisco il self-service.

Il secondo modo di dire è 枯れ木も山のにぎわい (kareki mo yama no nigiwai), ossia “anche un albero morto aggiunge fascino alla montagna”. Qui avevo scritto che in Asia Orientale ci sono tantissimi dipendenti negli uffici rispetto alla nostra esperienza in Europa. Uno dei motivi è che anche un albero morto aggiunge fascino alla montagna. In Giappone non si butta via niente, siano impiegati inutili o caricatori dell’iPhone 3. Ogni azienda (almeno quelle medio-grandi) ha il suo considerevole numero di persone che non si sa bene perché esattamente siano impiegate o ancora impiegate. Noi cinici occidentali potremmo pensare che è una questione di raccomandazioni e protezioni dall’alto; e invece no. Semplicemente, l’abitudine (sempre generalizzando) delle aziende giapponesi è che non si licenzia, a meno che tu non abbia dato fuoco di proposito all’ufficio, te ne starai tranquillo nel tuo cubicolo per l’eternità, o verrai trasferito in un ufficio meno importante o ti verrà data una mansione meno importante. Marie Kondo non è lo standard del Giappone, è l’esatto opposto. Marie Kondo è diventata famosa in Giappone perché entrava nelle piccole case incasinatissime dei giapponesi e faceva pulizia costringendo, i proprietari a buttare via. Il minimalismo in Giappone è roba da ricchi, le persone normali hanno i loro piccoli spazi invasi da tutto. Perché? Perché anche un albero morto aggiunge fascino alla montagna.

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