Taiwan, ossia una storia di colonizzazioni

Raccontare la storia di Taiwan vuol dire essenzialmente raccontare la storia di colonizzazioni, una dietro l’altra. Ogni colonizzazione ha lasciato tracce nel tessuto dell’isola e ha contribuito a formare l’unicità della società taiwanese attuale.

Taiwan, ossia una storia di colonizzazioni

Raccontare la storia di Taiwan vuol dire essenzialmente raccontare la storia di colonizzazioni, una dietro l’altra. Ogni colonizzazione ha lasciato tracce nel tessuto dell’isola e ha contribuito a formare l’unicità della società taiwanese attuale.

Per la stragrande maggioranza della sua storia umana, Taiwan è stata abitata unicamente da diverse popolazioni austronesiane, ci sono tracce di presenza umana già 15000 anni fa, quindicimila! Taiwan è addirittura la culla delle popolazioni austronesiane, quelle che oggi sono in Malesia, Indonesia, Filippine, Micronesia, Melanesia, Polinesia, Nuova Zelanda, Madagascar. Tutti questi popoli e le lingue che parlano hanno la loro origine a Taiwan, da qui sono partiti a ondate successive per colonizzare l’Oceano Pacifico…e il Madagascar! Oggi i popoli indigeni austronesiani di Taiwan sono circa il 3% della popolazione, circa 600.000 persone. Il governo di Taiwan oggi riconosce 16 gruppi, nella realtà sono di più ma il processo di riconoscimento è molto difficile e lungo

Taiwan fino al XVII secolo è fuori dalla civiltà cinese. Tradizionalmente nella cultura cinese la civiltà finiva sulle rive del mare, prendere una barca per andare ad abitare terre al di là del mare non era un’opzione presa in considerazione. Taiwan, oltre a essere la casa delle popolazioni austronesiane di cui sopra, era solo una comoda base logistica per i pirati cinesi, giapponesi e delle Ryukyu, fuori dalla giurisdizione di qualunque entità statale.

Nel 1624 la Compagnia delle Indie Orientali olandese (VOC) inizia la colonizzazione del sud dell’isola. Gli olandesi usano Taiwan come punto d’appoggio per commerciare con la Cina e il Giappone; commerciano anche con gli indigeni, soprattutto pelli di cervo. Gli olandesi avviano anche lo sfruttamento agricolo, per questo hanno bisogno di manodopera, dato che gli indigeni non ci pensano minimamente a diventare agricoltori. La VOC quindi incoraggia l'immigrazione cinese a Taiwan. La VOC pubblicizza Taiwan ai cinesi con terreni gratuiti e un sistema esentasse; a volte pagano persino i cinesi per trasferirsi a Taiwan. Di conseguenza, flussi costanti di immigrati cinesi dal Fujian e Guangdong attraversano lo stretto e diventano coltivatori di riso e zucchero. Sono gli olandesi nel XVII secolo che iniziano la sinificazione di Taiwan.

Nel nord dell’isola nel frattempo c’è anche un piccola presenza spagnola, più limitata e modesta rispetto a quella olandese. Gli spagnoli durano solo dal 1626 al 1642, quando vengono cacciati dagli olandesi, preoccupati dalla prensenza di questo ingombrante vicino.

I missionari olandesi hanno avuto un discreto successo nel convertire al cristianesimo le popolazioni indigene e sono stati i primi occidentali a studiare le molte lingue parlate sull’isola. Quando nel XIX secolo i missionari cristiani tornano (soprattutto americani), spesso ascoltano storie tramandate di villaggi che si erano convertiti alla religione degli stranieri. L’aspetto olandese di uso quotidiano che rimane nella Taiwan di oggi sono i kah (in hokkien taiwanese), cioè l’unità di misura dei terreni, che deriva dall’olandese morgen.

Nel frattempo in Cina nel 1644 la dinastia dei Ming finisce. I manciu, una popolazione nomade che abitava più o meno nell’attuale Manciuria, conquistano Pechino e fondano la dinastia Qing. Per i cinesi dell’epoca è uno shock dato che i manciu sono completamente estranei alla cultura cinese, sono dei barbari che vengono da fuori la civiltà. Nel sud della Cina nascono gruppi di lealisti Ming e uno di questi, il più importante, è quello del pirata-commerciante Koxinga (il post precedente per la storia completa di Koxinga). Questi per assicurarsi una base dalla quale lanciare attacchi ai Qing, decide di invadere Taiwan e scacciare gli olandesi. Ci riesce. Nel 1661 gli olandesi vengono cacciati da Taiwan e nell’isola per la prima volta viene istituita un’autorità cinese, chiamato regno di Tungning. Se andate a Tainan potete vedere i resti di Fort Zeelandia degli olandesi. L’anno successivo però Koxinga muore. I suoi eredi terranno il regno fino al 1683 quando si arrenderanno ai Qing. Questi in modo molto riluttante decidono di far entrare nel loro impero la parte occidentale dell’isola, quella che si affaccia sullo stretto e quella nella quale ci sono insediamenti cinesi. I manciu sono con i piedi piantati sulla terraferma ancora più dei cinesi; acconsentono al dominio precario su metà dell’isola unicamente per evitare che tornino potenze occidentali o lealisti Ming. Nella parte orientale dell’isola le popolazioni indigene austronesiane continuano la loro vita, a differenza di quelle nella parte occidentale che sono o assimilate dai cinesi o respinte in posizioni sempre più marginali.

I successivi due secoli sono la storia dei Qing che provano invano a limitare l’immigrazione di cinesi verso Taiwan, i cinesi a Taiwan che rubano terreni agli indigeni ma anche il commercio e le unioni familiari tra cinesi e indigeni.

La situazione a Taiwan cambia in modo totale nel 1895. Dopo due secoli di controllo più sulla carta che effettivo, l’impero Qing cede Taiwan al Giappone dopo aver perso una guerra contro quest’ultimo. Taiwan diventa la prima colonia giapponese. Ai residenti cinesi di Taiwan viene data la possibilità di vendere le loro proprietà e andarsene da Taiwan entro il maggio 1897 oppure di diventare cittadini giapponesi. Dal 1895 al 1897 si stima che circa 6.400 persone abbiano venduto le loro proprietà e lasciato l’isola. I giapponesi ci metteranno diversi anni per pacificare l’isola ma attorno al 1910 hanno ormai il controllo dell’intero territorio. Sotto il dominio giapponese per la prima volta nella storia l’intera isola di Taiwan è soggetta a un unico potere.

Il periodo giapponese di Taiwan dura 50 anni e trasforma radicalmente tutto, sia il territorio che la società. I giapponesi modernizzano come hanno modernizzato il Giappone. Costruiscono strade, ferrovie, centrali elettriche, infrastutture; sotto il Giappone, Taiwan entra nella modernità. I giapponesi modernizzano anche la società, la scolarizzazione per esempio si impenna. Ovviamente c’è l’altra faccia della medaglia, ossia la sistematica discriminazione. I taiwanesi non sono cittadini alla pari, sono sottoposti dell’Impero Giapponese di serie B. A Taiwan non hanno diritti politici e all’inizio vige una severa segregazione tra taiwanesi e giapponesi. Nella seconda metà dell’esperienza coloniale la situazione cambia, ora il Giappone vuole l’assimilazione totale dei taiwanesi. Si punta molto sulla lingua e l’istruzione in giapponese, sul cambio dei nomi in giapponese, sul culto delle divinità shintoiste, etc etc..

Nonostante le condizioni spesso dure del dominio giapponese, i taiwanesi, a differenze di altri popoli (come i coreani), non hanno nel complesso un giudizio estremamente negativo dell’esperienza coloniale. I 50 anni di dominio giapponese hanno profondamente plasmato la società taiwanese e anche oggi i taiwanesi sono probabilmente il popolo più nippofilo del mondo.

Nel 1945 il Giappone, che ha perso la Seconda Guerra Mondiale, cede Taiwan alla Repubblica di Cina con a capo Chiang Kai-shek, il capo del partito nazionalista cinese Kuomintang (KMT). Circa 300.000 giapponesi sono espulsi da Taiwan e arriva l’esercito cinese e l’amministrazione cinese. I cinesi si trovano una popolazione che gira per strada in kimono e che parla giapponese, taiwanese, hakka e le lingue indigene ma non mandarino; la comunicazione è problematica. I taiwanesi passano da una iniziale gioia a un’amara realtà fatta di corruzione, violenza, disorganizzazione, soprusi; in pratica si ritrovano da un dominio coloniale all’altro, ma quello nuovo cinese è addirittura più soffocante.

Nel 1949 la Repubblica di Cina dei nazionalisti di Chiang Kai-shek perdono il controllo dell’intera Cina, vinti dai comunisti di Mao. La Repubblica di Cina si ritira a Taiwan e con essa circa un milione di cinesi. Il lasso di tempo dal 1945 al 1949 è l’unico periodo nella storia in cui uno stato cinese (e non un impero basato in Cina) ha l’autorità su Taiwan. Nel 1949 a Taiwan inizia anche il cosiddetto terrore bianco, ossia la legge marziale che reprime in modo arbitrario ogni minima forma di dissenso ed elimina fisicamente un’intera classe dirigente e culturale taiwanese. La legge marziale più lunga della storia, dal 1949 al 1987, che ha causato la morte di circa 20.000 persone e l’incarcerazione di circa 140.000. La dittatura del KMT su Taiwan termina in modo graduale solo nel 1992 e nel 1996 per la prima volta i taiwanesi hanno potuto eleggere il loro presidente.

Oggi Taiwan, secondo diverse classifiche internazionali, è la democrazia più libera, o comunque una delle più libere, dell’intera Asia. Taiwan per esempio è stata la prima nazione in Asia a legalizzare i matrimoni per le persone omosessuali nel 2019. Ciononostante, si può dire che ancora oggi Taiwan soffra di una colonizzazione indiretta: Taiwan non riesce a liberarsi della Repubblica di Cina, cioè il regime riparato sull’isola dopo la Seconda Guerra Mondiale. Non riesce a liberarsene perché questo significherebbe la risposta violenta della Cina. Oggi il paradosso è che le assurde pretese imperialiste della Repubblica Popolare Cinese (in Cina) fanno sì che la vecchia nemica Repubblica di Cina (a Taiwan) sia vista come un legame contro “le derive indipendentiste” di Taiwan. Non può esserci una Repubblica di Taiwan con una costituzione centrata unicamente su Taiwan perché altrimenti il Partito Comunista Cinese griderebbe alla secessione; anche se Taiwan è già oggi a tutti gli effetti uno stato separato, con un governo, un parlamento, un esercito, una moneta, etc etc.. Taiwan deve vivere questa ambiguità di chiamarsi ancora oggi ufficialmente Repubblica di Cina perché il vicino bullo ha pretese imperialiste e non accetta la volontà dei taiwanesi di vivere, finalmente, in una democrazia liberale che vuole restare taiwanese